La danza delle emozioni


Le emozioni regolano tutta la nostra vita, ci accompagnano lungo il tragitto, le abbiamo sempre accanto e viviamo con loro, respiriamo attraverso loro,

Proviamo emozioni lungo tutto l'arco della giornata fino al momento in cui abbandonandoci al sonno siamo comunque capaci di emozionarci in sogno.

Le emozioni sono belle, brutte, dolci, violente.

Un attimo proviamo felicità, serenità e l'attimo dopo ci  troviamo a combattere contro la rabbia, la frustrazione per una frase detta male da un collega, dal capo che non comprende i nostri problemi o dai figli che tentano in ogni modo di monopolizzare l'attenzione dei genitori.

In quei momenti come ci sentiamo?

Spesso ci sentiamo sconcertati e non lo sappiamo, combattiamo contro noi stessi perché ha inizio un processo atto a  dare un nome a quel terremoto che si muove dentro di noi e che vorrebbe esplodere per farsi capire, conoscere.

Quando le emozioni ci attanagliano il cuore e la mente sarebbe davvero opportuno trovarci di fronte a un grande tavolo con  una serie di carte identificative delle emozioni e scegliere quella che più si confà al momento che stiamo vivendo al fine di individuare la reazione più opportuna.


La reazione alle emozioni, soprattutto se avviene d'impulso cavalcando l'onda dell'emotività, non è mai una scelta vincente soprattutto se si tratta di sentimenti che attengono al nostro mondo privato i nostri affetti oppure anche il mondo del lavoro.

Laddove l'emozione si palesa in un'esplosione diventa davvero difficile la gestione della stessa questo perchè  dietro a ogni emozione si nasconde un bisogno non soddisfatto, una richiesta di aiuto, una paura non bene intercettata dal nostro interlocutore.

Sarebbe propizio se in quei momenti dal nulla arrivasse una terza figura neutrale capace di riequilibrare la comunicazione ma soprattutto in grado di leggere le emozioni e proporle all'altro mettendo in evidenza i bisogni individuali, ma anche gli interessi comuni che diventano in questo caso un terreno fertile su cui lavorare.

Questa possibilità esiste quando le persone decidono di intraprendere un percorso di Mediazione Familiare per tentare di superare la conflittualità che appesantisce le relazioni e nel caso specifico delle separazioni quando è importante tornare a parlarsi per il bene dei figli, perché dai figli non ci si separerà mai.

Moltissime sono le emozioni che il Mediatore deve affrontare quando entra nella stanza della mediazione.

Le emozioni sono lì, sono palpabili si sentono.

Le persone si trovano a vivere il risentimento e la rabbia contro l'altro contro sé stessi, il dolore, la paura di non farcela.

Le emozioni sono vissute dalle persone su piani diversi con intensità diverse e con elaborazioni dissimili.

La persona che abbandona l'altro e che ha preso la decisione separativa potrebbe essere più avanti con l'elaborazione delle proprie emozioni mentre l'altro  sta ancora attraversando una fase di stordimento che offusca tutto.

Il Mediatore deve avere la capacità di leggere le emozioni, entrarci, sentirle ma poi uscirne velocemente per riproporle all'altra parte onde arrivare ad una identificazione del problema.

Se le emozioni sono troppo intense,  l'autostima è davvero intaccata, se la rivalsa diventa quasi una minaccia il Mediatore dovrà rimandare le persone ad altri professionisti in grado di aiutarle ad un'elaborazione costruttiva delle emozioni.

Il Mediatore deve essere capace di guardare le emozioni senza spaventarsi aiutando in tal modo la coppia  a far emergere i loro bisogni e mostrarli all'altro.

Il mondo emotivo delle persone deve essere considerato dal Mediatore una risorsa che aiuta a portare a galla le aspettative deluse nel matrimonio, nella convivenza,  i conflitti.

Se il Mediatore è tranquillo e respira le emozioni delle persone cha ha di fronte con serenità allora sì che potrà accompagnarli ed aiutarli nel viaggio necessario per riallacciare la comunicazione e capire i bisogni reciproci.

La separazione è sicuramente un evento dove si muovono un grande fiume di emozioni ma nonostante questo non deve essere patologizzata, bensì deve essere considerata un evento che può presentarsi nella vita dei singoli.

Sicuramente è un avvenimento doloroso, faticoso, inizialmente destabilizzante ma se affrontato con l'aiuto di qualcuno che può accompagnare nella progettualità futura diventa un momento di cambiamento, di crescita.

Questo accade quando  non viviamo chiusi  ma  apriamo le porte all'amore decidendo di dargli  la possibilità di cambiarci la vita.

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