Un vecchio ricordo

Qualche anno  fa mi trovavo nel corso di una pausa sul lavoro con una collega e un collega.

La collega annunciò il suo matrimonio e il collega, che era appena uscito da una separazion, le disse “ricordati che il segreto è andare sempre verso l’altro”; lo disse con un velo di rammarico che mi colpì tantissimo.

 Io mi sentii trafitta, attraversata da quelle semplici parole che risuonarono in me in modo molto forte e oggi posso  dire che fu una sorta di esperienza "mistica" quasi un presagio.

Sono passati decenni da allora, ma quelle parole sono sempre rimaste dentro di me,  mi hanno fatto pensare spesso e quando ho inziato ad occuparmi di Mediazione sono ritornate a galla dall'abisso dei ricordi.

Sicuramente quel collega, che oggi ho perso di vista, non immagina di avermi lasciato qualcosa di sé e approfitto oggi di questo spazio per ringraziarlo desiderando che le mie parole lanciate nell'etere trovino il modo per raggiungerlo in qualche modo.

Quando ci si sposa si è bersaglio di mille consigli, raccomandazioni di ogni genere.

Le paure sono tante, soprattutto da parte dei quattro genitori che non riescono a contrastare, soprattutto all’inizio, il desiderio di portare nel matrimonio dei figli la loro esperienza di vita.

Le raccomandazioni vestite da consigli in buona fede possono spaziare e toccare la sfera semplicemente domestica (chi cucinerà? chi stirerà?), la sfera professionale, fino a spingersi per i più arditi alla sfera sessuale (magari raccomandando una baby sitter subito appena nasce un figlio) onde essere meno stressati e fare in modo che nulla intacchi la vita matrimoniale dei due giovani sposi.

Immagino i vostri sorrisi, ma vi assicuro che di fronte a un matrimonio di un figlio i genitori riescono ad esternare una spiccata fantasia.

Quanti discorsi, parole che aleggiano, si perdono nel nulla e nessuno poi ricorda più negli anni a venire.

Tuttavia nonostante mille raccomandazioni   nessuno mai parla  ai figli  del fatto che nel corso di una convivenza, che magari può durare una vita intera, i momenti di disagio reciproco, di conflitto ci saranno, sono inevitabili!

Questo argomento è quasi un tabù, è meglio non affrontare l’argomento, non parlarne illudersi che la coppia resterà per sempre nello stato idilliaco che caratterizza la prima fase del matrimonio in cui tutto assume un sapore particolare e pure una cosa banale come andare al supermercato può diventare romantica.

Ci si sposa in un clima caratterizzato dall'entusiasmo, dall'empatia dove si ha l'illusione di essere un unico pensiero, un unico bisogno.

Nel momento in cui la relazione diventa seria, diventa "domestica" e i bisogni individuali magari sopiti per rendere felice l'altro tornano a galla tutto si trasforma e il mondo non è più lo stesso di prima, improvvisamente cambia semplicemente colore.

In linea generale si accettano di più  i conflitti che nascono nel mondo lavorativo e in quel caso i consigli da parte di amici e colleghi ineggiano alla lotta più aspra, alla guerra, alla legge del più forte.

Episodi di bullismo (termine molto usato relativamente agli adolescenti) esistono anche nel mondo del lavoro, chi ha più persone nel suo organico è più forte può trascendere le regole, può permettersi ogni tipo di comportamento che va al di là del rispetto, dell’educazione di base.

La tecnica della Mediazione è a mio avviso affascinante perché altamente versatile puo’ essere applicata in tanti campi diversi (nella sfera professionale e nella sfera privata) e può essere appresa come una metodologia di pensiero nella vita quotidiana.

Quando nel corso della nostra esistenza ci ritroviamo a vedere solo un’unica possibilità di fronte alle difficoltà che inevitabilmente la vita ci propone siamo altamente a rischio di malessere e depressione.

L’aumento delle separazioni, i forti episodi di bullismo tra gli adolescenti nonché la forte conflittualità tra le scrivanie ci porta a pensare che abbiamo bisogno di strumenti nuovi, diversi che ci diano la possibilità di vedere le differenze, in sintesi di “andare verso l’altro” come diceva il mio collega.

Quando le nostre vite sono legate a quelle degli altri come nel caso del matrimonio o della convivenza, quando il clima è intriso di tensione, di conflitto, la Mediazione può essere uno strumento utile per porre in atto dei cambiamenti e permetterci di prenderci cura del benessere dei nostri figli, nonché dei nostri bisogni e di quelli degli altri.

Le impostazioni mentali a senso unico, che vanno in un’unica direzione alimentate spesso da un forte egocentrismo  sono strategie  perdenti nonostante portino il vestito della guerra, della lotta indossato da chi “non permette agli altri di farsi calpestare”.

Quante volte avete sentito questa frase? Io tante…

Questo modo di pensare porta inevitabilmente alla distruzione del confronto, e impedisce di vivere il conflitto come risolvibile perché alla base di tutto c’è ostilità, c’è guerra e soprattutto alberga nella mente una grande capacità di proiettare sugli altri le nostre paure, i nostri fantasmi rendendoli veri.

Il percorso di Mediazione Familiare non ha la presunzione di far raggiungere un accordo ad ogni costo e di eliminare il conflitto.

Questo sarebbe un un’utopia e comunque impossibile.

Con la Mediazione si tenta di far emergere gli aspetti forti, solidi della relazione e di aiutare le persone a  sciogliere i nodi, le trame relazionali che si nascondono dietro alla difficoltà di trovare una soluzione .

Trattasi di un percorso che non va bene per tutti ma sicuramente per molti ed è molto utile laddove è forte il desiderio di far perpetuare la relazione, in quei rapporti che vogliono comunque un futuro, magari diverso da quello che avevano sognato all’inizio, forse più complicato, ma sicuramente più forte e più consapevole dell’importanza di diminuire l’esposizione dei figli a conflitti genitoriali difficilmente superabili.




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